domenica 21 giugno 2015

FULLONE DARIO - G. Rossini, aria "La calunnia è un venticello"



La calunnia è un venticello


Il barbiere di Siviglia è sicuramente l’opera più famosa di Gioacchino Rossini.


Dal primo atto di quest'ultima è tratta l'aria "La calunnia è un venticello", cantata dal personaggio "Basilio" col registro vocale di basso.
 Il grande Pesarese la scrisse in due sole settimane nel lontano 1816: un successo eccezionale che dura ancora oggi, anche se la prima rappresentazione fu un vero fiasco (evento non raro nel mondo della musica).

Link al Testo dell'aria

Link all'audio MP3

Di seguito l'interpretazione di Robert Lloyd:



Partitura completa Atto I Barbiere di siviglia PDF

Partitura completa Atto II Barbiere di siviglia PDF



Giovanni Paisiello
L’opera è famosa (oltre che per essere veramente spassosa - se messa in scena da un regista capace), per avere soppiantato la versione di  Paisiello, ai tempi più famosa, e soprattutto per alcune delle sue “arie” universalmente note.

Basti pensare a “Largo al factotum” (quella di “Figaro là, Figaro qua”) cantata dal protagonista, il barbiere tuttofare  Figaro, ed a “Una voce poco fa” cantata da Rosina, la protagonista femminile, promessa sposa del suo vecchio Tutore (Don Bartolo), ma innamorata del Conte d’Almaviva.
C’è però un aria, cantata da un personaggio secondario, Don Basilio, maestro di musica di Rosina, personaggio un po’ scapestrato e dai principi tutt’altro che nobili, che oltre a essere molto divertente è anche perfettamente in linea con quello che accade sotto i nostri occhi tutti i giorni (soprattutto in politica, ma non solo): “La calunnia è un venticello”.
Descrive il metodo antichissimo e tuttavia attualissimo per rovinare pubblicamente (e possibilmente eliminare fisicamente) un proprio avversario (in amore, in politica, in qualsiasi campo).
Si tratta di spargere in giro delle voci (vere o false, non importa) che infanghino il più possibile il proprio nemico.

 Magari non sarà vero ma in ogni caso getta discredito su un personaggio, mettendolo in cattiva luce.
Il testo (del librettista Cesare Sterbini) in questo senso è davvero illuminante e la musica di Rossini, coi suoi famosi “crescendo”, sottolinea benissimo il nascere e crescere degli effetti della calunnia, che prima sono paragonati ad un semplice venticello, via via, col tempo diventano un vero temporale al termine del quale il poveretto vittima della calunnia “sotto il pubblico flagello, per gran sorte va a crepar”.
L’opera di cui vi parlo è andata in scena in questi giorni al Teatro Massimo di Palermo, riscuotendo un notevole successo, merito non solo dei cantanti e dell’orchestra ma anche (e soprattutto, secondo me) della divertentissima regia di Francesco Micheli.

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