giovedì 2 luglio 2015

Liu Sihui - L.F.Trecate - Ciottolino




  • Lingua originale Italiano
  • Musica Luigi Ferrari Trecate(pdf)
  • Libretto(.pdf) Giovacchino Forzano(pdf)
  • Genere Fiaba musicale per la gioventù
  • Atti Due atti e tre quadri 
  • Prima rappr. 8 febbraio 1922
  • Teatro Teatro dei Piccoli di Podrecca, Roma






  • Mentre la mamma prepara la cena, Ciottolino e la sorella Nina giocano e si fanno i dispetti. Il nonno intanto racconta la fiaba di Ciuffettino, il bimbo che “come uno e due fan tre diventa re” del Paese delle Fate. Quando Ciottolino va a nanna, dopo essere stato rimproverato dal babbo per il suo comportamento, sogna di ritrovarsi anch’egli in quel magico Paese e di esserne incoronato re. Ma l’avventura non ha esiti felici: Ciottolino non si dimostra un buon sovrano e viene spodestato e condannato a essere mangiato dall’Orco. L’incubo finisce tra le braccia della mamma e del nonno e con la voce rassicurante del babbo in sottofondo. Un festoso preludio dal sapore orientaleggiante segna il passaggio dalla quieta realtà domestica allo stato meno familiare del sogno: la dimensione onirica, che qui offre ancora nuovi spunti alla forma rappresentativa del teatro nel teatro, è, d’altra parte, il presupposto fondamentale dell’arte e della creatività, almeno secondo la poetica dei due autori, il famoso librettista e regista Giovacchino Forzano e il musicista alessandrino Luigi Ferrari-Trecate, organista e compositore di numerose fiabe musicali dedicate all’infanzia.

    La trama

    Atto primo


    Ciao, sono Ciottolino, abito in campagna e sono un bambino allegro e vivace… a volte un po’ troppo, dice la mamma. La mia famiglia è composta dal babbo, dalla mamma, dal nonno e da me. Ah, sì, c’è anche quella piagnucolosa di mia sorella Nina. Quando io voglio giocare, lei ha sempre qualche lamentela. Uff a! L’altra sera, per esempio, mentre la mamma preparava la cena, stavamo facendo ripiglino (lo conosci? noo?), ma la Nina si è stufata subito. Io ho cercato di convincerla a continuare (va beh, le ho anche dato una tiratina alle trecce, ma non le ho fatto male, davvero!), invece lei ha cominciato a frignare e la mamma sai a chi ha dato la colpa? A me, naturalmente! A momenti andavo a letto senza cena! Per fortuna il nonnino ha cominciato a raccontarci una bella fi aba, anzi la mia fi aba preferita: Ciuff ettino. Sai, quella del ragazzino che diventa re… Come uno e due fa tre, Ciuff ettino è fatto re! Questa sì è una bella morale! Quanto vorrei conoscere ‘sto Ciuff ettino… ha anche un nome bellissimo, mi ricorda, non so… Ciottolino!


    Quando stava per arrivare il momento più bello della fi aba, è arrivato il babbo, super stanco per il duro lavoro e super aff amato. Per cena c’era solo polenta, dato che la nostra famiglia non è molto ricca, anzi, per niente; il babbo ha anche chiesto alla mamma come mi ero comportato, e lì un’altra sgridata. L’ho detto, quella sera andava tutto storto. Finalmente è arrivata l’ora di andare a nanna: ho detto la preghierina e… bum! Sono crollato in un sonno profondo.


     

    Atto secondo


    Quadro I


    …ed eccomi nel Bosco di Bistorco, nel Paese delle Fate. Qua tutto è bello: l’erba è verde, il castello è d’oro, la porta è azzurra, il coro delle Fate melodioso. Una favola! Ma la cosa più curiosa è che le Fate stavano aspettando proprio me: hanno bisogno di eleggere il loro re. Che bellezza! Come Ciuff ettino! Anche gli Gnomi e le Streghe sono felici di avere un sovrano come me; mi viene dato uno scettro, un trono luccicante e, devo proprio dirlo, sono un gran bel re! Ma ecco che si avvicinano dei tizi che non mi fanno immaginare niente di buono: lunghe barbe, aria solenne… vuoi vedere che devo essere interrogato anche qui? Ma in che razza di Paese delle Fate sono capitato? Adesso vogliono che legga il libro delle tasse; e chi è capace? Non so neanche leggere bene, a scuola mi sono dimenticato di imparare. Quasi quasi mi viene voglia di tirare la barba a questo Sapiente, che mi sembra il più brontolone. Uh, che permaloso! Neanche la Nina si off ende tanto! Altro che re, adesso mi legano a un albero e mi abbandonano alle grinfi e dell’Orco cattivo, brutto e anche sporco! Una paura tremenda! C’è un buio… E nessuno, dico nes-su-no che mi venga a salvare. Qui bisogna che urli più forte che posso: Aiu…


    Quadro II


    …tooo!

    «Perché gridi?», fa la mamma. Ah, fi nalmente qualcuno si è accorto di me! Possibile che di fronte a un Orco simile me la debba cavare da solo? «Quale Orco?» chiedono il nonno e Nina. Già, quale Orco? E dove sono fi niti il trono, il castello, le Fate…? Vuoi vedere che non sono neanche più re? Infatti mi trovavo di nuovo nel mio lettino, nella mia cameretta, esausto per il brutto sogno, ma felice perché tutto tornava familiare e rassicurante. Come erano cari la mamma, il babbo, il nonno, la mia sorellina! Ormai era l’alba: mentre da fuori arrivava il canto del babbo e degli altri contadini che andavano verso i campi, il nonno ha abbracciato forte me e Nina e ridendo abbiamo ricordato la canzone di Ciuff ettino: come uno e due fa tre, Ciuff ettino è fatto re! Però anche re Ciottolino non era male…



    Gli interpreti delle musiche


    Ciottolino (libretto di Giovacchino Forzano)

    • Ciottolino: Jolanda Mancini
    • Il Babbo: Giampaolo Corradi
    • La Mamma: Carla Botti
    • Il Nonno: Paolo Montarsolo
    • Annina e Il Musicista: Odilia Rech
    • L’Orco: Franco Iglesias


    Direttore Luigi Ferrari Trecate

    Il prode Anselmo e Riflessi lagunari, al pianoforte Luigi Ferrari Trecate

    Ouverture de Le astuzie di Bertoldo, direttore Luciano Rosada


    Luigi Ferrari Trecate

    Luigi Ferrari Trecate, avendo precocemente evidenziato notevoli attitudini musicali, nel 1896 venne iscritto – segno forse del destino – al Conservatorio di Parma, di cui successivamente sarebbe divenuto direttore, maturando nei lunghi anni di tale direzione un profondo sentimento di appartenenza all’Istituzione ed alla Città stessa.


    Nel 1898 Ferrari Trecate passò al Liceo Rossini di Pesaro, di cui era direttore Pietro Mascagni(pdf), e venne iscritto nelle classi di pianoforte del professor Paris Ferrari e di organo del Maestro Antonio Cicognani(pdf), musicista di cui mio Nonno conservò sempre grandissima considerazione e gratitudine. A Pesaro ebbe poi come compagni di studi persone che avrebbero successivamente rivestito ruoli di rilievo sulla scena musicale italiana: fra gli altri, Riccardo Zandonai, Francesco Balilla Pratella e Giovacchino Forzano. E’ curioso sapere che Forzano era allora studente di giurisprudenza all’Università di Urbino e di canto presso il Liceo Musicale di Pesaro. Proprio per Ferrari Trecate Forzano iniziò la sua importante carriera librettistica con la redazione dei testi di “Galvina” e “Fiorella”, composizioni liriche entrambe del 1904, successivamente distrutte dal Musicista insieme alle altre di questo periodo, nonchè di “Ciottolino” del 1910, opera poi andata in scena nel 1922 a Roma (Teatro dei Piccoli di Podrecca, con la collaborazione dei bambini delle scuole romane) con successo strepitoso, cui seguirono settanta repliche ed inserimento nel repertorio permanente del Teatro.


    Con “Ciottolino” si aprì il ciclo delle fiabe musicali di Ferrari Trecate, che proseguì negli anni con “La Bella e il Mostro”, su libretto di Fausto Salvatori (Milano, Teatro alla Scala, 1926), “Le Astuzie di Bertoldo”, su libretto di Carlo Zangarini e Ostilio Lucarini (Genova, Teatro Carlo Felice, 1930), “Ghirlino”, su libretto di Elio Anceschi (Milano, Teatro alla Scala, 1940), “Buricchio”, su libretto ancora di Elio Anceschi (Bologna, Teatro Comunale, 1948), e “Orso Re”, su libretto di Elio Anceschi e Maurizio Corradi Cervi (Milano, Teatro alla Scala, 1950). Ad esse va aggiunto “Il Ragazzo dei Palloncini”, teleracconto su testo di Lidi Deli, rappresentato per la prima volta alla televisione dalla Radio Svizzera nel 1962. Sempre rivolte all’infanzia vanno anche ricordate numerose raccolte pianistiche per “piccole mani”, fra le quali “Collodiana ovvero Pinocchio & C.”, “I Nanetti di Biancaneve”, “Il Trenino di Trillina”, “Dodici quadretti facili per il piccolo musicista”), composizioni delicate, limpide, di straordinaria varietà e freschezza e di genuina ispirazione.


    Oltre a quanto sopra, l’attività compositiva di Ferrari Trecate comprende anche il dramma “La Capanna dello Zio Tom”(pdf), opera in tre atti tratta dall’omonimo romanzo di Harriet Beecher Stowe (Parma, Teatro Regio, 1952), e la fantasia tragica “Lo Spaventapasseri” (mai rappresentata, 1963), entrambe su libretti sempre di Anceschi , nonchè due Messe, la cantata sacra “In Hora Calvarii” per soli, coro e orchestra, altra musica vocale, musica da camera, per pianoforte e per organo.


    Dopo gli anni di studio a Pesaro e a Roma, seguendo il magistero di Pietro Mascagni, conseguiti i diplomi di composizione, organo e pianoforte, Ferrari Trecate fu nominato organista prima alla Santa Casa di Loreto dal 1906 al 1909, quindi alla Basilica di Valle di Pompei fino al 1013, Direttore della Scuola Musicale di Carrara dal 1909 e di Rimini nel 1914. Al Conservatorio di Parma tenne successivamente le cattedre di organo e composizione organistica, ottenendo poi la direzione del Conservatorio stesso, carica che mantenne ininterrottamente dal 1929 al 1955. Dal 1930 al 1932 insegnò inoltre organo e composizione organistica anche al Liceo Musicale di Bologna.


    Nel 1954 Ferrari Trecate entrò a far parte dell’Accademia di Santa Cecilia, in Roma, di cui fu Vice Presidente dal 1959 al 1961. Nel 1955 venne anche nominato Presidente dell’Accademia Filarmonica di Bologna, nonchè Presidente della Sezione Musica del Consiglio Superiore delle Belle Arti.


    Nel 1956, lasciata per anzianità la direzione del Conservatorio di Parma, si trasferì a Roma, ove si erano accentrati gli incarichi più rilevanti ed i prevalenti interessi artistici.


    Di Ferrari Trecate va infine ricordata l’importante carriera concertistica sia di organista – considerato fra i più eminenti esecutori europei, collaudatore ed inauguratore degli organi delle Cattedrali di Alessandria, La Spezia e Ferrara e del Duomo di Milano – sia di pianista, soprattutto come collaboratore di altri solisti, fra i quali i violinisti Arrigo Serato, Remy Principe, Attilio Crepax, Josef Szigeti, Karl Flesch e Jacques Thibaud, nonché del soprano Jolanda Mancini, protagonista di tante esecuzioni di sue opere e con la quale tenne numerosi concerti cameristici in Italia ed all’estero nell’ultimo periodo della sua vita.

    mercoledì 1 luglio 2015

    ZHANG XIAOXIAO F.P.TOSTI-NAPOLI-CANZONETTA A DUE VOCI

       
          F.P.TOSTI-NAPOLI-CANZONETTA A DUE VOCI


    Tosti2
    Quinto dei cinque figli sopravvissuti di Giuseppe, commerciante ortonese, studiò col maestro Saverio Mercadante presso il Conservatorio di San Pietro a Majella a Napoli, dove si diplomò in violino e composizione nel 1866.
    Iniziò a lavorare organizzando spettacoli e dirigendo opere per gli impiegati della ferrovia adriatica, seguendo i lavori tra Ortona e Ancona(PDF); si trasferì poi a Roma(PDF) dove, sfruttando la sua voce tenorile, iniziò ad esibirsi come cantante: grazie a questa attività divenne una celebrità e iniziò a frequentare gli ambienti mondani della capitale, venendo assunto come maestro di canto di Margherita di Savoia, la futura regina d'Italia. Qui strinse amicizia con altri due grandi abruzzesi:Gabriele D'Annunzio(PDF), uno dei massimi poeti italiani del tempo, e Francesco Paolo Michetti(PDF), noto pittore.


    Alla fine degli anni 1870(PDF) si trasferì a Londra dove, grazie al Lord Mayor e all'appoggio del celebre violoncellista Gaetano Braga, suo corregionale, nel 1880 entrò alla corte della regina Vittoria come maestro di canto: mantenne la sua posizione anche sotto il suo successore, Edoardo VII, che nel 1908 gli conferì il titolo di baronetto: intanto, pur riluttante, aveva accettato anche la cittadinanza britannica (1906). Per tutto il suo periodo inglese continuò ad aver rapporti con l'Italia, dove trascorreva regolarmente alcuni periodi.b0a99e549b1ec281651ea0130b0e5db5Arrivato a Roma inizia ad esibirsi come tenore. Grazie alla sua voce divenne una celebrità negli ambienti sociali più illustri. Il suo amico e protettore, il pianista e compositore Giovanni Sgambati, ha ottenuto un recital a Sala Dante, dove partecipa Margherita di Savoia (futura consorte del re d’Italia, Umberto I). La principessa era così colpita che l’ha nominato suo maestro di canto. In seguito è anche nominato curatore dell’Archivio Musicale della fine Corte. Nel 1870 si trasferisce a Londra, dove ha avuto il sostegno del sindaco di Londra e del suo connazionale, il violoncellista Gaetano Braga. Nel 1880 è nominato docente di canto della regina Vittoria, una posizione che ha mantenuto fino alla nomina Tosti1del suo successore, Edoardo VII, chi nel 1908 ha concesso il titolo nobiliare di barone. Tosti aveva già la cittadinanza britannica, ma mantennè il suo stretto rapporto con l’Italia, dove è tornato regolarmente. La sua fama come cantautore era enorme in Inghilterra. Una delle sue opere, interpretata da Violet Cameron al Globe Theatre diventa molto popolare e aumentata la domanda di nuove composizioni, al punto che nel 1885 Tosti è il compositore di canzoni più popolare del paese e i suoi editori pagheranno somme astronomiche in cambio di venti nuove canzoni per año. Composse oltre ai cinquecento brani per pianoforte e canto, utilizando i testi di poeti come Antonio Fogazzaro, Rocco Gabriele d’Annunzio e Pagliara. Tra i titoli più famosi includono Malia, Vorrei morire t’amo Non più, L’ultima canzone, Ideale e A Marechiare (quest’ultima è diventata una delle più famose canzoni napoletane).



    Alla morte di Edoardo VII (1910) decise di rientrare definitivamente in Italia e di stabilirsi a Roma, dove morì presso l'Hotel Excelsior nel 1916.
    Tra le sue oltre cinquecento romanze per canto e pianoforte, i cui testi vennero scritti anche da poeti come Antonio Fogazzaro, Rocco Pagliara, Naborre Campanini e Gabriele d'Annunzio, e sono stati interpretati dalle voci diGiuseppe Di Stefano, Alfredo KrausJussi Bjorling, Luciano PavarottiMina e José Carreras, si ricordano brani tuttora molto eseguiti,
    quali: L'alba separa dalla luce l'ombraMalìaVorrei morirNon t'amo piùL'ultima canzoneIdeale e A Marechiare, su testo diSalvatore di Giacomo, divenuto un classico della canzone napoletana.
    Figlio d’un commerciante di Ortona, ha ricevuto le prime lezioni di musica nella sua città natale fino a quando, a undici anni, s’iscrive al Conservatorio di San Pietro a Majella di Napoli. Il suo professore di composizione, Saverio Mercadante, impressionato dal talento di Tosti, ne ha avuto modo di nominarlo assistente di cattedra mentre studiava, che Tosti ha segnato uno stipendio mensile magro.

    1MP3F.P._Tosti__Lalba_separa_dalla_luce_lombra_-_Massimo_Crispi_tenore__Antonio_Ballista_piano

    2MP3F.P._Tosti_Che_dici_O_parola_del_saggio_-_Massimo_Crispi_tenor__Antonio_Ballista_pian

    3MP3A.Kraus_canta_F.P.Tosti_-_Vorrei

    martedì 30 giugno 2015

    Cao Yaqiong - F.Chopin - Polonaise Fantaisie

    Musica: Fryderyk Chopin
                ·Allegro maestoso
    Genere: 
    musica romantica

    Organico: s
    trumento solista



    Strumento: pianoforte

    Composizione: 
    1846

    Edizione: 
    Brandus, Parigi, 1846


    Dedica: Madame A. Veyret







    Composta nel 1845 e pubblicata nel 1846, dedicata a M.me A. Veyret, amica di Chopin e George Sand, la Polacca-Fantasia è uno dei più perfetti esempi della cosiddetta "forma aperta", che si amplia svolgendosi, si libera, si dissolve. 

    Chopin ha realizzato in quest’opera un capolavoro di grandissima libertà ritmica e strutturale. Forse quest'opera assomiglia più ad una ballata o a una fantasia che non a una Polacca, che è qui riconoscibile solo dal ritmo. 
    Si tratta di una delle composizioni più complesse mai concepite da Chopin, che inanella qui molti temi diversi, imprevedibili e sempre nuovi, con relativi sviluppi, concatenandoli però in una forma rigorosa. 
    E' un'opera tra le più importanti, tra tutte quelle di Chopin, per il futuro della storia della musica. Infatti qui questo grande poeta del pianoforte fonde tutti gli aspetti dalla sua personalità, in quanto, mentre nella forma "polacca" esprime il suo attaccamento alla musica nazionale del suo paese, vi trasfonde tutto il suo genio con una invenzione timbrica e armonica che non si può non definire per lo meno "eversiva".

    La scrittura pianistica è qui grandiosa, di tipo sinfonico. I temi sembrano improvvisazioni, si dissolvono rapidamente o si sviluppano in modo del tutto inaspettato e in apparenza contraddittorio. Questa Polacca-Fantasia appartiene così al più tenero e commovente mondo di Chopin, e costituisce una perfetta sintesi del suo pensiero, uno dei punti più alti della sua arte.



    Di profonda poesia, quest'opera non godette di grande fama tra i contemporanei di Chopin: Liszt, pur amando molto Chopin, e riconoscendo a questo pezzo "bellezza e grandezza di idee", definì questo pezzo "al di fuori della sfera dell'arte".



    Fantasia

    Il nome "fantasia" è legato alla nascita e all'evoluzione della musica strumentale. Un medesimo nome è stato impiegato per definire tipi di composizioni estremamente differenti, non solo nel tempo ma anche negli stessi luoghi e negli stessi momenti storici. 

    In definitiva il nome sta ad indicare una vera e propria attitudine dell'atto del comporre, in cui l'autore sceglie da sé medesimo le strutture formali e le rielabora a seconda del proprio estro. 



    Ecco così che nel Cinquecento "fantasia" sta ad indicare un brano brillante e improvvisativo, o anche un brano dal carattere imitativo, cioè con una scrittura più rigorosa. È nel Seicento che la fantasia acquista la sua libertà dall'alternanza di situazioni contrastanti, come liberi recitativi e sezioni cantabili e omofoniche. 

    Grande sviluppo hanno, su questo modello, le fantasie organistiche. Con l'avvento dello stile galante e dell'età del classicismo, la fantasia acquista una maggiore autonomia stilistica, aderendo a modelli diversi, come la forma sonata o il rondò. Nel corso dell'Ottocento, poi, il termine si piega a un significato ulteriore e più sottile; diviene infatti sinonimo di "sonata", ma di una sonata più libera, lontana da regole precise e tale da lasciare maggiore libertà creativa all'autore. È in questa accezione che scriveranno "fantasie" Beethoven, Schumann, Liszt. 



    Nel tardo romanticismo la fantasia passa dal versante cameristico a quello orchestrale, come sinonimo di poema sinfonico. E nel nostro secolo il termine viene nuovamente impiegato nella stagione neoclassica, come ritorno alla prassi rinascimentale e barocca. Un'altra accezione del termine, fiorita nel secolo scorso, è quella di pot-pourri operistico, centone di melodie celebri realizzate sul pianoforte e destinate all'intrattenimento da salotto.



    Polacche di Chopin

    Cao Yaqiong - F.Schubert - Introduzione e Variazioni su "Trockne Blumen"

    Musica: Franz Schubert

    Testo: Wilhelm Müller


    Organico: voce, pianoforte


    Composizione: ottobre - novembre 1823


    Edizione: Sauer & Leidesdorf, Vienna, 1824


    Dedica: Carl Freiherr von Schönstein









    Die schöne Müllerin D 795 Op. 25 (La bella mugnaia) è un ciclo di 20 lieder composti da Franz Schubert nel 1823 sui testi di Wilhelm Müller, poeta romantico minore, che aveva composto un omonimo ciclo di poesie. Di soli tre anni più vecchio di Schubert, morirà anch'egli in giovine età.

    Il ciclo narra la storia di un giovane mugnaio che lascia la propria casa e, incamminandosi lungo la via indicata dal ruscello, arriva in un altro mulino. La bellezza del posto e l'amore che prova per una giovane e bella mugnaia lo trattiene in quel luogo. Il ragazzo mette in atto una serie di azioni spinto dai sentimenti che pervadono il suo animo e dal desiderio che questi vengano ricambiati dalla bella mugnaia. Quando finalmente questo avviene, spunta inaspettatamente un terzo incomodo, un cacciatore, che conquisterà facilmente il cuore della sua amata. La tristezza per il perduto amore non permetterà al giovane di sopravvivere e il desiderio di morte sarà cantato dallo stesso ruscello.

    Il protagonista assoluto dei lieder è il giovane mugnaio; quanto narrato è visto attraverso le sue parole e i suoi sentimenti. Tuttavia l'elemento essenziale della poetica è l'acqua che scorre, parla, canta.

    Le poesie sono piene di sfumature e molto delicate. Schubert ne ha colto completamente lo spirito. La parte musicale integra ed arricchisce la parte poetica.

    Di seguito si riporta un breve escursus del ciclo.
    1. Das Wandern: Das Wandern ist des Müllers Lust - Mässig geschwind (si bemolle maggiore)
    2. Wohin?: Ich hört' ein Bächlein rauschen - Mässig (sol maggiore)
    3. Halt!: Eine Mühle seh' ich blinken - Nicht zu geschwind (do maggiore)
    4. Danksagung an den Bach: War es also gemeint - Etwas langsam (sol maggiore)
    5. Am Feierabend: Hätt' ich tausend Arme zu rühren - Zeimlich geschwind (la minore)
    6. Der Neugierige: Ich frage keine Blume - Langsam (si maggiore)
    7. Ungeduld: Ich schnitt es gern in alle Rinden ein - Etwas geschwind (la maggiore)
    8. Morgengruss: Guten Morgen, schöne Müllerin - Mässig (do maggiore)
    9. Des Müllers Blumen: Am Bach viel kleine Blumen stehn - Mässig (la maggiore)
    10. Tränenregen: Wir sassen so traulich beisammen - Ziemlich langsam (la maggiore)
    11. Mein!: Bächlein, lass dein Rauschen sein - Mässig geschwind (re maggiore)
    12. Pause: Meine Laute hab' ich gehängt - Ziemlich geschwind (si bemolle maggiore)
    13. Mit dem grünen Lautenbande: Schad' um das schöne grüne Band - Mässig (si bemolle maggiore)
    14. Der Jäger: Was sucht denn der Jäger - Geschwind (do minore)
    15. Eifersucht und Stolz: Wohin so schnell - Geschwind (sol minore)
    16. Die liebe Farbe: In Grün will ich mich kleiden - Etwas langsam (si minore)
    17. Die böse Farbe: Ich möchte ziehn in die Welt hinaus - Ziemlich geschwind (si maggiore)
    18. Trockne Blumen: Ihr Blümlein alle, die sie mir gab - Ziemlich langsam (mi minore)
    19. Der Müller und der Bach: Wo ein treues Herze in Liebe vergeht - Mässig (sol minore)
    20. Des Baches Wiegenlied: Gute Ruh', gute Ruh' - Mässig (mi maggiore)

    Trockne Blumen

    La forma di questo Lied romantico viene riproposta da Schubert in una composizione postuma (op. 160 D 802): le Variazioni sul tema ‘Trockne Blumen’ per pianoforte e flauto, una interessante indicazione (‘piano e flauto’, non il più comune ‘flauto e piano’) che lascia intendere la chiara concezione cameristica del brano. Dal tema si scioglierà un’alternanza flauto/piano che ‘dicono’ con pari dignità le parti melodiche nelle sette variazioni. La voce del flauto è guidata dal tema del Lied, che viene proposto per la prima volta dal pianoforte nelle otto battute iniziali dell’Andantino, dopo un’Introduzione a suggerire all’ascoltatore un contesto d’introspezione, oscillando dalla tonalità minore a quella maggiore: funerea l’atmosfera creata dal ritmo di pavana iniziale, che vede però risolversi in una possibilità luminosa, alla battuta 23 con quell’accordo di quinta diminuita che suggerisce un sorriso, un’apertura. Gli ultimi versi del Lied, infatti, cantano la fine dell’inverno, la rinascita, la vita: Dann, Blümlein alle, Heraus, heraus! Der Mai ist kommen, Der Winter ist aus.


    È incredibile come la struttura musicale concepita da Schubert in queste otto battute che ripropongono il tema di ‘Trockne Blumen’ si integri con il senso del testo poetico e alla sua evoluzione verso una prospettiva di serenità (il ritorno alla tonalità maggiore).


    I due linguaggi, quello musicale e quello poetico, convivono in questa partitura regalando un piccolo gioiello alla storia della letteratura del flauto (poche sono le pagine del primo Romanticismo dedicate a questo strumento) e a quella del piano, a cui viene offerta la non scontata possibilità di ‘cantare’, un aspetto che contraddistingue Schubert anche nella produzione esclusivamente pianistica: il primo movimento della sonata per pianoforte in Mi minore, per rimanere nella stessa tonalità delle Variazioni, si sviluppa lungo articolate linee melodiche nel registro medio-alto, quasi a ricalcare la tessitura della voce umana.


    Così nelle Variazioni su Trockne Blumen, di grandiosa maestria è lo sviluppo graduale di questo tema malinconico in Mi minore verso una sesta variazione (tempo di marcia) e una settima variazione (Allegro), con cui si conclude il brano, nella tonalità di Mi maggiore. Una lenta e densa metamorfosi, un viaggio dalla morte alla vita, una catarsi.



    TROCKNE BLUMEN
    (in tedesco)


    Ihr Blümlein alle,
    die sie mir gab,
    euch soll man legen
    mit mir ins Grab.

    Wie seht ihr alle mich an so weh,
    als ob ihr wüsstet, wie mir gescheh?
    Ihr Blümlein alle, wie welk, wie blass?
    ihr Blümlein alle, wo von so nass?

    Ach, Tränen machen nicht maiengrün,
    Machen tote Liebe nicht wieder blühn,
    und Lenz wird kommen, und Winter wird gehn,
    und Blümlein werden im Grase stehn.
    und Blümlein liegen in meinem Grab,

    die Blümlein alle, die sie mir gab.

    Und wenn sie wandelt am Hügel vorbei
    und denkt im Herzen: Der meint' es treu!
    Dann, Blümtein alle, heraus, heraus!
    Der Mai ist kommen, der Winter ist aus.

    FIORI APPASSITI
    (in italiano)

    Voi fiorellini tutti,
    che lei mi dava,
    dovrete esser deposti
    con me nella tomba

    Perché mi guardate così tristi,
    come se conosceste la mia pena ?
    Voi fiorellini, perché così pallidi ed appassiti,
    voi fiorellini, perché così bagnati?

    Ahimè, le lacrime non fanno rinverdire,
    non fanno rifiorire l'amore morto,
    e verrà la primavera, passerà l'inverno,
    e fiorellini compariranno nel prato,
    e fiorellini staranno nella mia tomba,
    tutti quelli che lei mi dava.

    E quando lei camminerà davanti alla collina
    pensando nel suo cuore: lui era fedele!
    Allora, fiorellini, fuori, fuori tutti!
    Maggio sarà venuto, e l'inverno passato


    Introduzione e Variazione

    Illustrare il significato del termine "introduzione" potrebbe sembrare pleonastico; eppure in campo musicale questo termine si presta a interpretazioni differenti e a distinguo. Un significato generico è intuitivo: l'introduzione è l'inizio di una composizione musicale; ma all'interno di questa definizione generica si nascondono molte sfumature. L'introduzione può essere un movimento staccato di una composizione vasta (il primo numero di un'opera lirica); oppure la prima sezione di un movimento in due o più sezioni. In entrambi i casi si pone il problema di quale sia il rapporto della parte con il tutto. Secondo la logica dello stile classico, impostasi poi come modello di riferimento per tutto l'Ottocento e oltre, l'introduzione per antonomasia è una sezione lenta che può venire premessa a una sezione più ampia, in genere articolata in forma-sonata, che costituisce il tempo iniziale di una sonata, un quartetto, una sinfonia (raramente il tempo finale, come nella Sonata op. 69 di Beethoven). Ciò che, da Haydn in poi, è significativo, è che il compositore fa uso nell'introduzione di alcuni frammenti tematici che verranno poi ripresi all'interno della seguente forma-sonata; in questo caso l'introduzione costituisce la premessa interlocutoria di qualcosa che verrà esplicitamente affermato in seguito. Ma si dà anche il caso opposto, quello dell'assoluta indipendenza del materiale delle due sezioni (Beethoven, Sinfonia n. 4); e dunque l'introduzione serve a creare un effetto di "sorpresa" con il passaggio alla sezione successiva. Capita poi che il materiale dell'introduzione venga anche riproposto ripetutamente nel corso della forma-sonata, con la funzione di potenziare l'effetto interlocutorio (Beethoven, Sonate op. 13 e op. 31 n. 2).


    Procedimento fondamentale del linguaggio musicale che consiste nel trasformare con diversi artifici un elemento tematico di base.



    PARTITURE