Introduzione e Variazioni per Flauto e Pianoforte, Op. 160
sul tema del Lied "Trockne Blumen" da "Die Schone Mullerin"
MUSICA: FRANZ SCHUBERT
1.Andante (Mi minore)
2.Tema: Andantino (Mi minore)
3. 7 variazioni
ORGANICO: Flauto e pianoforte
COMPOSIZIONE: Gennaio 1824
EDIZIONE: Diabelli, Vienna, 1850
"Compose probabilmente per il flautista Ferdinand Bogner"
Nel gennaio del 1824 (ma c'è chi propone gli ultimi tre mesi del 1823), Franz Schubert scrisse sette Variazioni per flauto e pianoforte prendendo come tema il Lied numero diciotto della raccolta "Die schöne Müllerin", ciclo che allora non era state ancora pubblicato. Il titolo del Lied è "Trockne Blumen", "Fiori appassiti", mentre i primi versi recitano: "Ihr Blümlein alle", "Voi fiorellini tutti", donde le diverse diciture con cui queste Variazioni vengono a volte titolate.
Schubert non ha composto altro, in precedenza, per flauto e pianoforte; né replicherà, in futuro, per questo organico: un unicum sono le Variazioni op. post. 160, D. 802: il capolavoro.
Schubert le scrive praticamente su commissione, come buona parte della sua musica, come del resto allora usava.
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Destinatario è il flautista viennese Ferdinand Bogner, strumentista di cui non è attestato il valore, e di cui sappiamo poco: fu insegnante al Conservatorio di Vienna dal 1821, mori il 24 giugno 1846. Però c'è un dato nella sua biografia, a nostra disposizione, che risulta fondamentale: Bogner era il marito di Barbara Fröhlich, contralto e pittrice (nata a Vienna, il 30 agosto 1797, ivi deceduta il 30 giugno 1879), la quale figura nelle enciclopedie di storia della musica, e soprattutto nella storia personale di Schubert, quale seconda delle famose quattro sorelle Fröhlich. Quattro musiciste, figlie del ricco mecenate Fröhlich di Vienna, che nella propria casa tenne per anni uno dei più frequentati salotti della città.
Lì si ritrovarono letterati, pittori, musicisti; ospite fisso il poeta Franz Grillparzer
, legato da una lunga e turbolenta relazione con la terza delle sorelle (di lui Schubert musicherà alcuni testi). Felice, come meglio non poteva risultare dato il cognome "Fröhlich" della famiglia, l'atmosfera che ruotava intorno ad Anna (detta Nanette), Barbara, Katharina e Josephine. Schubert, che fu assiduo in casa Fröhlich, scrisse alcuni brani per le prime due: per Nanette, eccellente pianista e soprano, e per Barbara, a cui era legato anche da affinità anagrafica. Lei sposa del flautista Bogner, che Schubert volle impressionare con queste Variazioni, non solo impegnative sotto il profilo esecutivo, ma anche assolutamente lontane da quanto fino ad allora (e dopo mai più) era stato scritto per il flauto.
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Destinatario è il flautista viennese Ferdinand Bogner, strumentista di cui non è attestato il valore, e di cui sappiamo poco: fu insegnante al Conservatorio di Vienna dal 1821, mori il 24 giugno 1846. Però c'è un dato nella sua biografia, a nostra disposizione, che risulta fondamentale: Bogner era il marito di Barbara Fröhlich, contralto e pittrice (nata a Vienna, il 30 agosto 1797, ivi deceduta il 30 giugno 1879), la quale figura nelle enciclopedie di storia della musica, e soprattutto nella storia personale di Schubert, quale seconda delle famose quattro sorelle Fröhlich. Quattro musiciste, figlie del ricco mecenate Fröhlich di Vienna, che nella propria casa tenne per anni uno dei più frequentati salotti della città.
Lì si ritrovarono letterati, pittori, musicisti; ospite fisso il poeta Franz Grillparzer
, legato da una lunga e turbolenta relazione con la terza delle sorelle (di lui Schubert musicherà alcuni testi). Felice, come meglio non poteva risultare dato il cognome "Fröhlich" della famiglia, l'atmosfera che ruotava intorno ad Anna (detta Nanette), Barbara, Katharina e Josephine. Schubert, che fu assiduo in casa Fröhlich, scrisse alcuni brani per le prime due: per Nanette, eccellente pianista e soprano, e per Barbara, a cui era legato anche da affinità anagrafica. Lei sposa del flautista Bogner, che Schubert volle impressionare con queste Variazioni, non solo impegnative sotto il profilo esecutivo, ma anche assolutamente lontane da quanto fino ad allora (e dopo mai più) era stato scritto per il flauto.
Ci si è spesso interrogati sul perché Schubert abbia preso quale tema per delle variazioni una canzone triste, posta al cuore di un ciclo che dice solo amarezza, solitudine, dolore. La variazione è sfoggio di brillantezza, di fiduciosa sicurezza: perché un Lied che parla di piccoli fiori ormai secchi, quelli un tempo donati da un amore ingannevole e ora in un tempo velocissimo trasposti nella tomba? Non è esteriore la scelta di Schubert. La melodia del Lied è rispettata quasi alla lettera; soprattutto nella prima esposizione viene lasciata praticamente intatta - con minime fioriture di note di volta - quella quartina con curvatura ora discendente ora ascendente che nel Lied originale disegnava le quattro parole chiave del testo di Wilhelm Müller:
"die sic mir gab", "che lei mi dava", "mit mir ins Grab", "con me nella tomba". Quattro parole, sempre tre lettere ripetute: secche, monosillabi come gocce di dolore. Che Schubert - come sempre lui solo - sa vestire di leggerezza; un giro di note quasi prevedibile tanto è semplice, che sa di canzone popolare, su accordi pudichi, quasi un ostinato, del pianoforte. Non c'è ironia, non c'è tragedia. È un po' la stessa strada del poeta Müller, lui che si chiamava di cognome "mugnaio", e che al "Müller" infelice dedicò il proprio ciclo più famoso, con la storia del mugnaio che la bella mugnaia tradisce per via di un cacciatore. Come Müller, anche Schubert erge a protagonista delle Variazioni lo scorrere incessante dell'acqua del ruscello, il monotono girare a vuoto della ruota del mulino; il continuo mutamento contro la perenne ciclicità: entrambi senza punti saldi, entrambi viandanti, "Wanderer". E il "wandern" acquatico è in primo piano nelle Variazioni per flauto. Accostandolo all'acqua, Schubert precorre Debussy
e l'acquaticità affidata al flauto dall'impressionismo. Acqua disegnano le variazioni (acqua come suono, ma anche come disegno, se andiamo a vedere i guizzi a rivoli graffiati veloci nei sessantaquattresimi dell'originale in manoscritto), acqua che scorre e acqua che inesorabile torna su se stessa. Dal clima di tragedia non si esce, anche se il passo (quasi una marcia funebre è la variazione finale) va dal minore al maggiore: la tonalità del Lied viene anch'essa rispettata - con la prima parte in mi minore, che sfocia nella seconda in mi maggiore - ma il carattere del modo maggiore non si apre alla consueta solarità. E il ritmo puntato, pesante, solenne, che è nel tema della voce ed enfatizzato nel pianoforte nella sezione finale, resta la caratteristica principale di queste Variazioni. Le dipanano alternativamente, ora il flauto, ora il pianoforte; tre per ciascuno. Ma il canto conclusivo, che li vedrà insieme, avrà la stessa piega amara della poesia di Müller, dove la primavera arriva e arriva maggio, perché tutto scorre - l'acqua, il tempo. Inutile bagnare di lacrime, sperando che si rianimino, dei fiorellini secchi.
Esecuzione di Daniele Ruggieri: Flute e Aldo Orvieto: Piano
Esecuzione di Sergio Pallottelli-flute and William Braun-piano
Esecuzione di Paul Michell Flauto e Stephen Walter Piano
Esecuzione di Sooyun Kim, Flute and Juho Pohjonen, Piano
Esecuzione di Emmanuel Pahud, Flute and Eric Le Sage, Piano
"die sic mir gab", "che lei mi dava", "mit mir ins Grab", "con me nella tomba". Quattro parole, sempre tre lettere ripetute: secche, monosillabi come gocce di dolore. Che Schubert - come sempre lui solo - sa vestire di leggerezza; un giro di note quasi prevedibile tanto è semplice, che sa di canzone popolare, su accordi pudichi, quasi un ostinato, del pianoforte. Non c'è ironia, non c'è tragedia. È un po' la stessa strada del poeta Müller, lui che si chiamava di cognome "mugnaio", e che al "Müller" infelice dedicò il proprio ciclo più famoso, con la storia del mugnaio che la bella mugnaia tradisce per via di un cacciatore. Come Müller, anche Schubert erge a protagonista delle Variazioni lo scorrere incessante dell'acqua del ruscello, il monotono girare a vuoto della ruota del mulino; il continuo mutamento contro la perenne ciclicità: entrambi senza punti saldi, entrambi viandanti, "Wanderer". E il "wandern" acquatico è in primo piano nelle Variazioni per flauto. Accostandolo all'acqua, Schubert precorre Debussy
e l'acquaticità affidata al flauto dall'impressionismo. Acqua disegnano le variazioni (acqua come suono, ma anche come disegno, se andiamo a vedere i guizzi a rivoli graffiati veloci nei sessantaquattresimi dell'originale in manoscritto), acqua che scorre e acqua che inesorabile torna su se stessa. Dal clima di tragedia non si esce, anche se il passo (quasi una marcia funebre è la variazione finale) va dal minore al maggiore: la tonalità del Lied viene anch'essa rispettata - con la prima parte in mi minore, che sfocia nella seconda in mi maggiore - ma il carattere del modo maggiore non si apre alla consueta solarità. E il ritmo puntato, pesante, solenne, che è nel tema della voce ed enfatizzato nel pianoforte nella sezione finale, resta la caratteristica principale di queste Variazioni. Le dipanano alternativamente, ora il flauto, ora il pianoforte; tre per ciascuno. Ma il canto conclusivo, che li vedrà insieme, avrà la stessa piega amara della poesia di Müller, dove la primavera arriva e arriva maggio, perché tutto scorre - l'acqua, il tempo. Inutile bagnare di lacrime, sperando che si rianimino, dei fiorellini secchi.
Esecuzione di Daniele Ruggieri: Flute e Aldo Orvieto: Piano
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